A Song of Ice and Fire, è una saga letteraria fantasy-epica ideata e scritta da George R.R. Martin, meglio conosciuta in Italia come Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, trasposta dal suo stesso autore nella nota serie televisiva Games of Thrones. Voglio subito fugare ogni dubbio: non mi metterò a disquisire a proposito della serie TV, ma tenterò un’analisi molto generale della saga scritta, in attesa dell’uscita (quest’anno) di The Winds of Winter che dovrebbe essere il penultimo volume. Una breve menzione sull’autore va però fatta. George R.R. Martin, è prolifico scrittore narrativo e televisivo, autore tra le altre della serie televisiva Beauty and the Beast (La Bella e la Bestia 1987-1990) e precedentemente autore e/o sceneggiatore di vari episodi della famosa serie The Twilight Zone (Ai confini della Realtà 1985-1989).
A Song of Ice and Fire è un mondo magistralmente costruito si richiama a svariati e avvincenti momenti della storia Europea dalla caduta dell’Impero Romano e le invasioni barbariche, passando per la Guerra dei Cent’anni fino alla Guerra delle due Rose – che pare essere stata la principale fonte d’ispirazione– sanguinoso conflitto dinastico combattuto tra il 1455 e il 1485 in Inghilterra. Martin riesce a integrare piacevolmente i riferimenti agli eventi storici e trarne infine un mondo di grande spessore; io lo definisco un capolavoro di world-building (creazione di un mondo).
Non sto qua a disquisire sulla traduzione dei titoli e sul fatto che in italiano i libri originali siano stati frazionati ognuno in tre differenti volumi. Nemmeno mi addentrerò in una recensione particolareggiata delle vicende e delle caratteristiche dei personaggi, perché sarebbe necessaria una rubrica a parte, vista la vastità dell’argomento. Voglio invece focalizzare questo articolo, che non può che risultare sintetico se paragonato all’opera di cui si occupa, sullo sviluppo generale e sulla gestione della storia e dei personaggi.
La saga è ambientata in un mondo immaginario e principalmente su due continenti (Westeros ed Essos), popolati da diverse razze immerse in una civiltà di tipo feudale, dove esseri fantastici quali draghi, giganti e animali fantastici paiono dapprima far parte di un leggendario passato, per poi divenire parte integrante e portante di quel mondo, dove anche la magia ha una sua parte.
Si tratta di una storia prettamente per adulti dove l’autore inserisce dovizie di particolari macabri e cruenti. Intrighi politici, violenza e sesso nonché la presenza di personaggi dalle ambigue qualità morali e un linguaggio particolarmente spregiudicato, per non dire volgare, hanno un importante ruolo. Il cocktail risulta vincente, nonostante o, forse, grazie a questo fatto, le scene sono molto forti, ma plausibili, perfettamente ambientate nel periodo cui si ispirano (il medio-evo europeo), dove spesso non esistevano, se non come facciata, remore morali. Personalità oscure e capaci di pensieri malefici, diabolici, in grado di calare il lettore nella realtà del tempo, di quel mondo e di che cosa poteva effettivamente accadere durante le vicende cui il racconto si ispira, tanto da attirare critiche negative.
Voglio fare una parentesi sulle varie critiche che hanno denigrato la saga (nonostante la quantità di volumi venduti e lo share televisivo della serie). Da molte parti sono piovuti giudizi morali sulla spregiudicatezza del linguaggio e delle scene, soprattutto dopo l’adattamento per la televisione, ma devo sinceramente confessare che non capisco i giudizi di questo tipo, ritengo infatti che chi si senta offeso per qualsivoglia causa, può semplicemente evitare di leggere o guardare (nel caso della serie TV) ciò che non apprezza. Qui mi fermo su questa considerazione onde evitare di innescare polemiche di qualsiasi tipo, ma ci tenevo a dare il mio punto di vista sulla questione ‘critica morale‘.
Caratteristica principale di A Song of Ice and Fire è il dettaglio, la precisione, la maniera minuziosa di descrivere luoghi, personaggi e anche situazioni a volte, ciò va detto, a scapito dell’azione. Ma questo essere così minuzioso di Martin, ha sempre una sua ragion d’essere nello svolgimento della storia, c’è sempre un riferimento, prima o poi a qualcosa che dapprima poteva sembrare inutile: l’essere fondamentale dei particolari in questi libri è davvero spesso portata all’eccesso, ma ha comunque un suo perché nello sviluppo delle vicende.
La particolarità e il successo di questa saga sono dovuti secondo il sottoscritto a due principali fattori, due intuizioni dell’autore. In primo luogo: la storia è narrata dal punto di vista dei personaggi (nonostante sia scritta in terza persona). Lo spunto interessante sono i pensieri di chi vede le cose in quello specifico momento. Ciò che pensano i personaggi danno gran parte dello spessore a questi libri e non dal punto di vista fisico (o meglio non solo, visto che levati i pensieri il numero di pagine si ridurrebbe drasticamente), più che altro intendo spessore della narrazione. Lì si trova il succo di tutto e anche il trucco: ciò che il lettore sa e che gli altri personaggi non possono sapere è una tecnica che dà l’impressione a chi legge di essere onnisciente, tanto quanto l’autore, ma a differenza di questi, non è in grado di decidere se questi pensieri (sempre quelli dei personaggi) avranno un seguito oppure no. Consente di emozionarsi nel vano tentativo di avvertire qualcuno di loro di un pericolo incombente o spingere qualcun altro verso la rovina, così a portata di mano, o della vicinanza di una persona cara che stanno disperatamente cercando, ma che pur così vicina non riusciranno a incontrare durante i loro spostamenti e viaggi.
La seconda intuizione è quella di mantenere la storia in una sorta di equilibrio instabile, nel quale quasi mai si avvera ciò che il lettore pensa possa succedere. Si può dire di più, affermando che questo equilibrio instabile è applicato anche alle speranze e ai desideri dei personaggi e questa caratteristica va quasi a inficiare la presunta onniscienza del lettore. Non si sa davvero che cosa accadrà, nonostante la possibilità di conoscere i pensieri dei protagonisti.